Novità fiscali

Rilevanza della proprietà superficiaria ai fini dell’applicazione dell’art. 119, comma 10-bis, del Dl n. 34/2020 convertito dalla legge n. 77/2020, a favore di Onlus, Odv e Aps

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 19/E del 10 marzo 2025, fornisce precisazioni in merito alla rilevanza della proprietà superficiaria di Onlus, Organizzazioni di volontariato (Odv) e Associazioni di promozione sociale (Aps) che svolgono attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali ai fini dell’applicazione dell’articolo 10-bis dell’articolo 119 del decreto Rilancio.

I chiarimenti riguardano, in particolare, la spettanza del Superbonus per interventi su edifici di categoria catastale B/1, B/2 e D/4 posseduti dagli enti associativi a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d’uso gratuito, in data anteriore al 1°giugno 2021. Gli stessi possono applicare la peculiare modalità di calcolo disciplinata dal decreto Rilancio che prevede la moltiplicazione del limite unitario, previsto per ciascuna unità, per il rapporto tra la superficie complessiva dell’immobile oggetto degli interventi agevolabili e la superficie media di una unità abitativa immobiliare, come ricavabile dal Rapporto Omi.

Il comma 10-bis tiene conto del fatto che tali enti in generale esercitano la propria attività in edifici di grandi dimensioni in funzione dei servizi erogati alla collettività (ad esempio, Centro Diurno, RSA, Poliambulatori, Servizi sanitari assistenziali) che richiedono la disponibilità di notevoli superfici appositamente attrezzate. Se gli interventi agevolabili fossero determinati in funzione del numero delle unità immobiliari, tali soggetti risulterebbero penalizzati in quanto interi immobili o complessi edilizi sono catastalmente individuati come una sola unità immobiliare.

Ai fini della fruizione del Superbonus sono stati forniti chiarimenti con la circolare n. 3/E e con la circolare n. 13/E, entrambe del 2023, alle quali la risoluzione rimanda per un maggiore approfondimenti dei requisiti previsti per beneficiare dell’agevolazione.

In particolare, la circolare n. 3/E/2023 ha precisato che ai fini della verifica del rispetto della condizione relativa al possesso dell’immobile, deve considerarsi tassativa l’elencazione dei titoli rilevanti. Il diritto di superficie può concretizzarsi nel diritto di costruire e mantenere la proprietà di una costruzione sul suolo altrui, oppure nel diritto di proprietà su una costruzione già esistente.

Dunque, il proprietario superficiario è titolare di un vero e proprio diritto di proprietà che gli consente di ‘godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo’.

La proprietà superficiaria deve ritenersi inclusa nell’ambito di applicazione del citato comma 10-bis dell’art. 119 del decreto Rilancio. Più precisamente, si deve ritenere che una Onlus, una Odv o una Aps che sostiene spese ammesse al Superbonus possa applicare la peculiare modalità di calcolo prevista dal comma 10-bis dell’articolo 119 anche in relazione agli immobili per i quali vanta un diritto di superficie, fermo restando il rispetto degli altri requisiti di legge.

Questa conclusione non fa venir meno il carattere tassativo dei titoli in forza del quale l’immobile deve essere posseduto dal contribuente, in quanto la proprietà superficiaria deve ritenersi inclusa nell’ambito oggettivo di applicazione della disposizione quale ‘tipo’ di proprietà.

Deve ritenersi pertanto superata la risposta ad interpello che esclude dall’ambito di applicazione del comma 10-bis dell’articolo 119 del decreto Rilancio le Onlus, le Odv e le Aps che possiedono l’immobile oggetto degli interventi agevolabili in virtù di un diritto di superficie.


(Vedi risoluzione n. 19 del 2025)

Modello F24 - soppressione del codice identificativo ‘10’ denominato ‘cessionario/fornitore’

Con la risoluzione n. 18/E del 7 marzo 2025 l’Agenzia delle Entrate ha proceduto alla soppressione del codice identificativo ‘10’ denominato ‘cessionario/fornitore’. Si tratta del codice che va indicato nel modello F24 Elide per il versamento, con la remissione in bonis, della sanzione in caso di mancato invio della comunicazione dell’opzione per lo sconto in fattura o la prima cessione del credito in relazione alle detrazioni spettanti per lavori edilizi.

Il codice in parola viene soppresso in quanto non è più utilizzabile visto che era stato previsto per consentire l’invio, fuori tempo, della comunicazione dell’opzione per lo sconto in fattura o la prima cessione del credito da bonus edilizi.

Il codice ‘10’ doveva essere riportato nell’omonimo campo della sezione ‘Codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare’ insieme al codice fiscale del primo cessionario o del fornitore che aveva acquistato il credito.


(Vedi risoluzione n. 18 del 2025)

Istituzione di due codici tributo per gli incentivi della Regione Friuli-Venezia Giulia

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 17/E del 7 marzo 2025, ha istituito i codici tributo ‘7073’ e ‘7074’ che dovranno essere utilizzati dai contribuenti della Regione Friuli-Venezia Giulia per beneficiare dei contributi e degli incentivi riconosciuti dalla Regione per il miglioramento della competitività delle imprese e per progetti di promozione e organizzazione di attività culturali e di valorizzazione del patrimonio culturale.

Si tratta di incentivi riconosciuti sotto forma di credito d’imposta e utilizzabili in compensazione tramite modello F24 da presentare esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

Il Decreto legislativo n. 129/2014 all’articolo 1, comma 2, ha stabilito che la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia può, con apposita legge e nel rispetto delle norme dell’Unione europea sugli aiuti di Stato, offrire incentivi, contributi, agevolazioni, sovvenzioni e benefici, da utilizzare in compensazione.

Successivamente due leggi regionali, la n. 29/2018 e la n. 13/2019, hanno riconosciuto dei contributi, nella forma di crediti d’imposta. La gestione di questi contributi è stata affidata ad una convenzione tra l’Agenzia delle Entrate e la Regione Friuli-Venezia Giulia. Tale convenzione prevede che la Regione comunica telematicamente alle Entrate l’elenco dei dati dei contribuenti e dei crediti d’imposta spettanti.

I due nuovi codici tributo sono:

  • ‘7073’ denominato ‘Regione FVG - credito d’imposta per il miglioramento della competitività delle imprese - art. 2, commi da 34 a 40, L R 28 dicembre 2018 n. 29 - anno di concessione del contributo dal 2025’;
  • ‘7074’ denominato ‘Regione FVG - credito d’imposta per le erogazioni liberali relative a progetti di promozione e organizzazione di attività culturali e di valorizzazione del patrimonio culturale - art. 7, commi da 21 a 31, L R 6 agosto 2019 n. 13 - anno di concessione del contributo dal 2025’.

Per i contributi concessi fino al 31 dicembre 2024 sono utilizzati i codici tributi ‘6910’ e ‘6911’, istituiti con la risoluzione n. 97/E del 28 novembre 2019.


(Vedi risoluzione n. 17 del 2025)

Istituzione del codice tributo per il versamento delle somme dovute a seguito di adesione agli atti di recupero dei crediti indebitamente compensati

Con la risoluzione n. 14/E del 4 marzo 2025 l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo per il versamento, tramite modello F24, delle somme dovute a seguito di adesione del contribuente agli atti di recupero dei crediti indebitamente compensati di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997 n. 218. Si rimanda al testo della risoluzione per la consultazione dei numerosi codici tributo.

Per le imposte indicate nella tabella allegata alla risoluzione i codici già esistenti per le ipotesi di accertamento con adesione sono utilizzati anche per il versamento delle somme derivanti dall’adesione degli atti di recupero dei crediti indebitamente compensati.

Per il versamento delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione conseguente alla definizione di atti di recupero non è possibile avvalersi della rateazione e della compensazione.


(Vedi risoluzione n. 14 del 2025)

Istituzione delle causali contributo per il versamento dei contributi all’Inps da destinare ad Enti Bilaterali

A seguito della richiesta da parte dell’Inps di istituire nuove causali contributo per il versamento dei contributi da destinare ad altri Enti Bilaterali convenzionati, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 15/E del 4 marzo 2025, ha istituto le seguenti causali contributo:

  • ‘ESAL’ denominata ‘FONDO ASSISTENZA SANITARIA INTEGRATIVA CONFAPI (Enfea Salute)’;
  • ‘FASS’ denominata ‘FONDO di ASSISTENZA SANITARIA (F.AS.S.)’;
  • ‘SALI’ denominata ‘FONDO SALUS (FONDO SALUS)’.

Le suddette causali contributo saranno operative a decorrere dal 1° aprile 2025.


(Vedi risoluzione n. 15 del 2025)

Codice tributo per l’utilizzo del credito d’imposta riconosciuto in caso di accesso ai finanziamenti agevolati accordati ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali

La legge di Bilancio 2024 riconosce un credito d’imposta in caso di accesso ai finanziamenti agevolati accordati ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali. Il beneficiario di detto finanziamento matura un credito d’imposta commisurato all’importo ottenuto sommando alla sorta capitale, gli interessi dovuti, nonché le spese necessarie per la gestione dei medesimi finanziamenti, per ciascuna scadenza di rimborso del finanziamento.

Il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento del 25 luglio 2024, ha stabilito le modalità di fruizione del credito d’imposta in parola. Il provvedimento dispone che: ‘Il soggetto finanziatore recupera l’importo della sorte capitale e degli interessi, nonché delle spese strettamente necessarie alla gestione del medesimo finanziamento, mediante l’istituto della compensazione dei crediti di cui all’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241, a partire dal giorno successivo alla scadenza di ogni singola rata’.

In alternativa all’utilizzo in compensazione, il finanziatore può recuperare le relative somme mediante la cessione del relativo credito ad altre banche, senza la possibilità di successive cessioni.

Per consentire ai soggetti finanziatori o agli eventuali cessionari l’utilizzo in compensazione delle suddette agevolazioni, tramite modello F24 da presentare esclusivamente tramite i servizi telematici, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 16/E del 4 marzo 2025, ha istituito il codice tributo ‘7075’ denominato ‘CREDITO EVENTI ALLUVIONALI’ - credito d’imposta per il recupero da parte dei soggetti finanziatori della rata di finanziamento agevolato - art. 1, commi da 436 a 438 della legge 30 dicembre 2023 n. 213’.


(Vedi risoluzione n. 16 del 2025)

Patto di famiglia - ‘Attribuzioni compensative’ dall’assegnatario al legittimario non assegnatario - Imposta di donazione

Con la risoluzione n. 12/E del 14 febbraio 2025 l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito alla tassazione, ai fini dell’imposta di donazione, delle c.d. ‘attribuzioni compensative’ che l’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie è tenuto a liquidare in favore del legittimario non assegnatario.

Inquadramento normativo e prassi di riferimento

Il patto di famiglia è il contratto con il quale l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti. Così recita l’articolo 768-bis del Codice civile.

Gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie sono tenuti a liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti; i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura.

I beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda sono imputati alle quote di legittima loro spettanti; l’assegnazione può essere disposta anche con successivo contratto collegato al primo purché in presenza degli stessi soggetti che hanno partecipato al primo contratto.

Secondo il Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, aggiornato dal recente decreto legislativo n. 139 del 2024, nei patti di famiglia il trasferimento di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non è soggetto all’imposta a condizione che gli aventi causa rendano, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione o al patto di famiglia, apposita dichiarazione di impegno alla continuazione dell’attività o alla detenzione del controllo o al mantenimento della titolarità del diritto per almeno 5 anni.

Il mancato rispetto di tali condizioni comporta la decadenza dal beneficio e il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata.

L’agevolazione in parola si applica esclusivamento con riferimento al trasferimento effettuato tramite il patto di famiglia, e non riguarda anche l’attribuzione di somme di denaro o di beni eventualmente posta in essere dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni sociali in favore degli altri partecipanti al contratto.

Evoluzione della giurisprudenza di legittimità

La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 32823/2018, ha stabilito che il patto di famiglia è assoggettato all’imposta sulle donazioni per quanto concerne sia il trasferimento dell’azienda o della partecipazione dal disponente al discendente sia sulle ‘attribuzioni compensative’, precisando che quest’ultima corresponsione è assoggettata ad imposta in base all’aliquota e alla franchigia relative al rapporto tra assegnatario e legittimario.

Successivamente, con la sentenza n. 29506/2020, i giudici di legittimità hanno cambiato il proprio orientamento sostenendo che il conguaglio in favore dei legittimari non assegnatari anche se liquidato dall’assegnatario dell’azienda, ai fini fiscali va inquadrato come liberalità dell’imprenditore nei confronti dei legittimari non assegnatari.

La Cassazione ha concluso che la liquidazione del conguaglio ai fini impositivi costituisce una donazione del disponente in favore del legittimario non assegnatario, con conseguente attribuzione dell’aliquota e della franchigia previste con riferimento al corrispondente rapporto di parentela o di coniugio, precisando, altresì, che l’esenzione prevista dalla disciplina si applica solo al trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni societarie in favore del discendente beneficiario, non anche alle liquidazioni operate da quest’ultimo in favore degli altri legittimari.

Indicazioni di prassi e gestione dei procedimenti pendenti

In conclusione l’Amministrazione finanziaria chiarisce che ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione alle ‘attribuzioni compensative’ disposte dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie in favore del legittimario non assegnatario, l’aliquota e la franchigia sono determinate tenendo conto del rapporto di parentela o di coniugio intercorrente tra disponente e legittimario non assegnatario.

Gli Uffici sono pertanto invitati a riesaminare i procedimenti pendenti interessati dalla questione, alla luce dei chiarimenti forniti.


(Vedi risoluzione n. 12 del 2025)

Decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore - Trattamento ai fini dell’imposta di registro

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 13/E del 19 febbraio 2025, fornisce chiarimenti in merito alla determinazione dell’imposta proporzionale di registro in materia di disposizioni negoziali contenute nel decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore, disciplinato dall’art. 124 del Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare).

La risoluzione recepisce il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi nell’ultimo periodo che supera, in parte, le indicazioni contenute nella circolare n. 27/E/2012.

Secondo la Corte di cassazione al decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore si applica la disposizione di cui all’articolo 21, comma 3, del Testo Unico dell’Imposta di Registro (TUR), ai sensi del quale ‘non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati ad altre disposizioni (...)’ e l’imposta di registro in misura proporzionale deve dunque essere applicata su una base imponibile corrispondente al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti.

Alla luce di ciò vanno considerati superati i chiarimenti forniti sul punto dalla circolare n. 27/E/2012. Questo vale anche per quanto riguarda il trattamento dell’imposta di registro relativo alla procedura di concordato nella liquidazione giudiziale, disciplinato dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in quanto tale istituto non si differenzia rispetto al ‘vecchio’ concordato fallimentare.

Il quesito formulato da un Ordine concerne i decreti di omologa del concordato fallimentare con intervento di un terzo assuntore il quale si obbliga a soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell’accollo (art. 1273 c.c.) dietro la cessione delle attività fallimentari. In tale procedura, il terzo assuntore diventa proprietario di tutte le attività e si accolla le passività della società fallita come risultanti dalla sentenza di omologazione, contestualmente all’omologa stessa e gli eventuali successivi provvedimenti del giudice delegato.

Ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, rileva la circostanza che il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore esplica effetti traslativi, dato che, con il provvedimento di omologa, il terzo assuntore acquisisce - immediatamente e direttamente - i beni fallimentari.

Di conseguenza lo stesso decreto di omologa è soggetto ad imposta proporzionale di Registro, perché riconducibile alla categoria degli atti recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto, ovvero su altri beni e diritti delle lett. a) dell’art. 8 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR.

A differenza di quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 27/E/2012 l’Ordine fa presente che la Corte di cassazione esclude che l’accollo dei debiti nel concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore, possa essere soggetto a tassazione ai fini del Registro. ‘Detto accollo, infatti, costituisce per l’assuntore un obbligo previsto normativamente, non derivando dalla volontà delle parti bensì rappresentando un effetto ‘legale naturale e imprescindibile’ del concordato fallimentare. Sicché, l’accollo dell’assuntore, avendo una stretta correlazione non può essere considerato un atto negoziale autonomo, a sé stante e, dunque, assoggettabile a imposizione ai fini del registro’.

Secondo i giudici della Corte l’importo del debito accollato non partecipa al calcolo della base imponibile ai fini della liquidazione dell’imposta di registro.

L’istante chiede chiarimenti in merito all’applicazione dell’imposta di registro sui decreti di omologa, con particolare riferimento alla determinazione della base imponibile, stante le difformità di orientamento della giurisprudenza di legittimità e dell’Amministrazione finanziaria.

La problematica interpretativa oggetto della presente risoluzione riguarda la determinazione della base imponibile dell’imposta proporzionale di registro alle disposizioni negoziali contenute nel decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore, disciplinato dagli articoli da 124 a 140 del regio decreto n. 267/1942 (legge fallimentare).

Con questo istituto l’assuntore, da un lato, si obbliga con i propri mezzi a soddisfare i creditori concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell’accollo, e dall’altro lato, acquisisce, di regola, per effetto della sentenza di omologa le attività fallimentari.

In sintesi, gli effetti della procedura sono: l’assunzione degli obblighi del fallito nei confronti dei debitori e il trasferimento all’assuntore del patrimonio fallimentare.

Nella circolare n. 27/E del 21 giugno 2012 l’Agenzia delle Entrate ravvisava che allo schema negoziale andava applicata l’imposta proporzionale di registro secondo il criterio dell’articolo 21, comma 2, del TUR, considerando l’imposizione più onerosa, risultante dal confronto tra ‘l’imposizione gravante sulla parte del decreto relativo all’accollo dei debiti scaturenti dal concordato, soggetti all’imposta nella misura del 3% ai sensi dell’art. 9 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, e l’imposizione gravante sui beni dell’attivo fallimentare trasferiti per effetto del concordato’.

In buona sostanza le motivazioni dell’Agenzia delle Entrate si fondavano sul fatto che, nel concordato fallimentare con l’intervento di un assuntore, l’accollo dei debiti del concordato e la cessione dei crediti erano due disposizioni distinte seppur legate da un vincolo di derivazione necessaria. In base a questa interpretazione l’accollo mantiene, comunque, la propria autonomia rispetto al patto di concordato.

La Corte di cassazione, invece, è giunta a conclusioni differenti. In più pronunce i giudici di piazza Cavour hanno sostenuto che ‘al decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, va applicato il criterio di tassazione correlato all’art. 8, lett. a) della tariffa, parte prima, allegata al cit. d.P.R n. 131 del 1986, con commisurazione dell’imposta di registro in misura proporzionale al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti, tenuto conto che l’aliquota applicabile dipende dalle voci dell’attivo trasferito (cessioni di crediti, cessioni di beni, trasferimento dell’attivo) - mentre il contestuale accollo dei debiti - collegato a detta cessione dei beni fallimentari - è escluso dalla tassazione ex art. 21 comma 3, cit. e dalla base imponibile’.

Per la Corte gli effetti del concordato fallimentare con assuntore derivano direttamente dalla legge, di conseguenza non può essere paragonato ad un accordo negoziale tra le parti. Analizzando la disciplina fallimentare si osserva come l’assunzione delle passività rappresenti un effetto fisiologico del concordato con terzo assuntore, in quanto disposta direttamente dalla legge e correlata all’interesse del terzo assuntore.

Secondo la Corte di cassazione, pertanto, all’omologazione del concordato fallimentare con terzo assuntore va applicata la disposizione prevista dall’articolo 21, comma 3, del TUR, ai sensi del quale ‘non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati ad altre disposizioni (...)’ e l’imposta di registro in misura proporzionale va applicata su una base imponibile corrispondente al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti.

La risoluzione recepisce l’indirizzo assunto dalla Suprema Corte e considera superati i chiarimenti forniti con la circolare n. 27/E/2012.

L’Agenzia delle Entrate conclude sostenendo che il decreto di omologa di un concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore disciplinato dall’articolo 124 e seguenti della legge fallimentare , deve essere ricondotto all’ambito applicativo dell’articolo 21, comma 3, del TUR. Pertanto, l’imposta proporzionale di registro dovrà essere applicata sui beni dell’attivo fallimentare, oggetto di trasferimento, identificato analiticamente nei singoli beni che lo compongono e applicando per ciascuno di essi, in base alla relativa natura, l’imposta di registro prevista nella tariffa.

Analoghe conclusioni valgono anche per quanto riguarda il trattamento dell’imposta di registro alla procedura di concordato nella liquidazione giudiziale, disciplinato dal nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, istituto che non presenta differenze sostanziali rispetto al previgente ‘concordato fallimentare’.


(Vedi risoluzione n. 13 del 2025)






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